I grissini nella storia gastronomica del Piemonte
Le origini nobili dei grissini sono radicate in Piemonte e strettamente legate ai Savoia. Una storia curiosa che viene condivisa dalle guide esperte di enogastronomia durante i tour gastronomici a Torino e Alba.
Appoggiati sul tavolo apparecchiato, a fianco del pane, i grissini sono un elemento inconfondibile della tradizione culinaria piemontese.
Fragranti, croccanti, saporiti, leggeri e sfiziosi sono alcuni degli aggettivi che spiegano il loro grande successo come accompagnamento ideale per qualsiasi pasto, spuntino o aperitivo.
Le origini sabaude dei grissini
I grissini furono inventati intorno al 1670 a Torino da un panettiere, Antonio Brunero, per il giovane e malato Duca di Savoia, Vittorio Amedeo II (1666-1732).
Infatti, sperando di rinvigorire la debole costituzione del bambino, il medico del Palazzo Ducale ordinò che gli fosse somministrato del cibo di facile digestione nonché appetitoso.
Le origini nobili dei grissini si collocano in un periodo storico complesso. Dopo la morte di suo padre nel 1675, Vittorio Amedeo era troppo giovane per gli incarichi ufficiali e la mamma francese ne fece le veci. Ma appena raggiunse l’età adulta, il giovane Duca dimostrò carattere, intelligenza e strategia militare rendendosi protagonista della scena politica di inizio ‘700.
Una forza che ai piemontesi piace attribuire proprio ai grissini. Vittorio Amedeo II, infatti, sconfisse i Francesi che assediarono Torino per giorni.
Fu così che il Duca divenne il primo membro di Casa Savoia a ricevere, dalle altre Case Reali europee, la corona di Re di Sicilia nel 1713, titolo che fu poi scambiato per quello di Sardegna nel 1720.
I grissini a Torino
A beneficiare del nuovo status reale, non fu solo la famiglia sabauda ma anche la città di Torino.
Nel tentativo di renderla all’altezza delle altre capitali europee sedi di Corti reali, Torino fu interamente riprogettata. Espansioni urbanistiche, costruzione di maestosi palazzi e interventi barocchi diedero alla città l’aspetto elegante e maestoso che ancora conserva.
Perfino l’Università, fondata già nel 1405, fu ingrandita.
Come furono inventati i grissini in Piemonte
Oltre all’affascinante storia del duca diventato re, esistono però altre versioni che giustificano l’invenzione dei grissini.
Il padre di Vittorio Amedeo II, Carlo Emanuele II, nel 1668, cercando di prevenire l’epidemia di peste, chiese ai panettieri di Torino un pane “più igienico” che si conservasse meglio. In effetti, i grissini, contenendo meno umidità, tendono a durare di più del pane comune e a non degenerare in muffe.
A detta di altri, le origini sarebbero da datarsi addirittura al 1300 quando l’ingente inflazione causò il progressivo rimpicciolirsi delle forme di pane: chiamate in dialetto “grissie“, divennero sempre più piccole fino ad essere identificate con il diminutivo di grissini.
Una quarta ipotesi, o meglio leggenda, accrediterebbe a Vincenzo Rucellai, un abate fiorentino in viaggio verso Chivasso nel 1643, il primo documento scritto in cui si menziona un “pane stravagante… lungo come un braccio e molto sottile.”
Dunque le origini nobili dei grissini furono una reinterpretazione di una specialità già nota? Chissà!
Tour gastronomici alla scoperta dei grissini
Nel tour gastronomico di Torino si degusta il primo tipo di grissino è il torinese “Robatà” (pronunciato rubatà), nato da un impasto di acqua e farina. Arrotolato a mano e dalla sezione tondeggiante, risulta piuttosto nodoso e duro al morso, rispetto ad altri tipi di prodotto.
A seguire venne il “grissino stirato”, ovvero appiattito, sviluppato proprio per ottenere un prodotto più fragrante nella masticazione.
Oggi esistono tante varianti di grissini e tra i più popolari ci sono quelli all’olio di oliva. Tipici delle panetterie di Alba e delle Langhe, il grissino all’olio è spesso passato polverizzato all’esterno con la farina di mais. Questo espediente, necessario per evitare che i grissini si attacchino tra loro o alla teglia durante la cottura, conferisce extra croccantezza.
Nei tour gastronomici spesso si visita una panetteria storica dove si sfornano i grissini. Il profumo si espande dentro al laboratorio fin all’esterno.
A seconda delle dimensioni della panetteria, si possono trovare più persone addette al confezionamento dei grissini, ciascuna con un proprio ruolo. C’è il tagliatore che seziona una piccola parte di impasto e la arrotola. Un’altra persona che posiziona i grissini sulla teglia e li inforna. In passato, i grissini erano molto lunghi e venivano rotti a metà appena sfornati: una pratica ora quasi scomparsa.
La cultura gastronomica torinese
I Savoia si dimostrarono tra i primi amanti del grissino: infatti, molti successori di Vittorio Amedeo II li pretesero sulle loro tavole imbandite, anche quando viaggiavano.
Diventarono anche lo stuzzichino preferito di Carlo Felice (1775-1831) durante le lunghe rappresentazioni teatrali. Carlo Emanuele III, invece, si fece fare uno speciale contenitore per trasportare i grissini nella sua luna di miele nel 1724.
Numerose le citazioni che confermano le origini nobili dei grissini: descritti come “piccoli bastoncini di pane fatti solo di crosta” o come “petits batons”, furono apprezzati da Napoleone che dopo aver conquistato Torino nel 1801, li inviò a Parigi.
Uno scrittore francese, Antoine Claude Valery, parla dei grissini come “…la prima sorpresa per i viaggiatori in Piemonte… digeribili e non molto più costosi del pane”.
Friedrich Nietzsche, durante il suo soggiorno torinese nel 1880, scrisse a proposito delle usanze locali che la popolazione preferiva i grissini al pane…
Come si degustano i grissini oggi in Piemonte
I grissini appartengono alla cultura locale piemontese e difficilmente si trovano della stessa fragranza e sapore in altre parti d’Italia. Si comprano facilmente in tutte le panetterie della regione e fanno bellavista sulle tavole dei ristoranti. Si degustano da soli, come snack o aperitivo, con un bicchiere di vino ed in ogni momento della giornata.
Durante i nostri pranzi e cene tradizionali i grissini ricoprono un ruolo d’onore perché considerati di consistenza più leggera rispetto al pane comune e dunque sono un accompagnamento ideale per i nostri numerosi antipasti. Alcune pasticcerie li preparano ricoperti di cioccolato fondente trasformandoli così in uno sfizio dolce.
Una delle nostre soste preferite è la panetteria Cravero a Barolo che sforna i grissini nel negozio affacciato sulla via principale del borgo dominato dal castello medievale.
I tour gastronomici in Piemonte
In Piemonte si giudica un buon ristorante già dal momento in cui ci si siede a tavola dove i grissini dovrebbero fare la loro bella figura, magari avvolti in un tovagliolo. L’invogliante aspetto casereccio dovrebbe non farli confondere con quelli industriali magari imbustati in mono porzioni, forse più adatti a una gita fuori porta che non a un ristorante di livello.
Ci si può arrotolare una fetta di prosciutto crudo o cotto o immergerli in un gorgonzola cremoso o ancora servirli al posto della pasta in una delle nostre zuppe a base di buon brodo.
A Torino era tradizione preparare delle frittelle a base di grissini sbriciolati, uova e latte.
Lo chef stellato Davide Scabin ha dimostrato l’uso forse più ingegnoso del grissino. Nel suo ristorante Combal.Zero di Rivoli (TO) posto proprio all’interno di una delle residenze sabaude, i grissini frantumati sono usati per impanare un filetto di Fassona, aromatizzato con un tocco di camomilla e servito su una piccola brace di rosmarino e altre erbe aromatiche i cui fumi aggiungono quel sapore ancestrale di affumicatura alla preparazione.