La rivoluzione della vinificazione del Barolo iniziò negli anni ’70 quando il giovane figlio di un contadino, che produceva vino per proprio consumo, intuì che al vino serviva una nuova identità.
Infatti, il vino Barolo non poteva competere a quei tempi a livello internazionale con le grandi etichette francesi. I vini d’oltralpe, invece, incontravano le aspettative di una clientela moderna.
Elio Altare è il nome del ragazzo che nel 1976 con la propria Fiat 500 oltrepassò le Alpi per raggiungere la Borgogna. Da li provenivano i migliori vini al mondo. Al suo arrivo Elio si sorprese di vedere il proprietario della cantina indaffarato a caricare i bagagli sulla Porsche di sua proprietà, in procinto di partire per la Costa Azzurra dove la sua barca lo attendeva.
Un bello schiaffo alla povertà in cui versavano i contadini piemontesi in quegli anni.
Come si è evoluta la vinificazione del Barolo
La Langa del Barolo, a partire dal secondo dopoguerra, fu alle prese con una forte emigrazione verso Torino. Un lavoro fisso alla FIAT rappresentava un riscatto sociale rispetto alla vita rurale fatta di stenti.
La vinificazione del Barolo nelle cascine di Langa da parte dei contadini non assicurava profitti adeguati. Farsi il vino nella propria cantina era un’esigenza portata avanti di generazione in generazione per soddisfare il fabbisogno della propria famiglia.
Nessun contadino avrebbe mai pensato di fare il vino per venderlo, mentre era più comune coltivare le uve per rivenderle a poche e grandi cantine della zona.
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La rivoluzione delle botti di Barolo
Le poche botti presenti nelle cantine delle cascine erano state tramandate di generazione in generazione e trattate come reliquie, perché il costo per sostituirle era proibitivo.
La rivoluzione delle botti di Barolo parte da questi vecchi contenitori ormai troppo sporchi e usurati per poter rilasciare qualcosa di buono al vino.
Elio Altare e i suoi amici, soprannominati i “Barolo Boys”, portarono in Piemonte le barriques francesi: piccole botti di rovere francese, della capienza di 225 litri, in grado di trasmettere nuovi sentori al vino e di facilitare l’evoluzione dei tannini dell’uva Nebbiolo.
La tostatura più o meno intensa a cui il legno è sottoposto, insieme alle ridotte dimensioni del contenitore stesso, che obbliga il vino ad un maggior contatto con le pareti della botte, hanno rappresentato un’enorme rivoluzione nella vinificazione del Barolo.
La vinificazione del Barolo inizia in vigna
La rivoluzione di Barolo apportò in Piemonte anche una nuova tecnica di potatura da attuare in vigna, ben prima di occuparsi della vinificazione vera e propria della cantina.
Un’innovazione importante, infatti, si concentrò sul ridurre la quantità di grappoli presenti sulla vite, al fine di stressare meno la pianta e far confluire gli apporti nutrizionali in un numero inferiore di frutti e ottenerne una qualità superiore.
La vinificazione del Barolo, grazie ai Barolo Boys, inizia in vigna con l’introduzione di una sfrondatura in agosto, a poche settimane dalla vendemmia. In quel momento i grappoli sono già sviluppati e in corso di maturazione.
Gli scontri famigliari che derivarono da queste nuove tecniche furono intensi, causati dall’incomprensione delle generazioni anziane nei confronti di gesti apparentemente irrispettosi verso il duro lavoro della vigna.
Chiara Boschis, l’unica presenza femminile di questo gruppo di rivoluzionari, fu sorpresa dal padre nell’intento di completare la sfrondatura estiva, scatenando discussioni accese. Elio Altare, addirittura, arrivò ad un gesto d’ira contro il padre che non accettava le nuove idee, e segò le vecchie botti della cantina di famiglia. Il padre lo diseredò e morì pochi anni dopo credendo che il figlio fosse impazzito.
La rivoluzione dei Barolo Boys
La rivoluzione dei Barolo Boys, di cui facevano parte Elio Altare, Chiara Boschis e altri, fu un percorso fatto di sperimentazioni e tentativi.
Nel corso degli anni ’80 i Barolo Boys lavorarono insieme per migliorare la qualità del vino. Si incontravano per degustazioni alla cieca, assaggiando il vino altrui e spiegando quali cambiamenti erano stati apportati. Il loro obiettivo era di avere il miglior vino nel minor tempo possibile, pronto da bere. In questo modo non bisognava più attendere 25 anni come per il Barolo di tradizione.
La rivoluzione della vinificazione del Barolo si arricchì, nei primi anni ’90, con l’incontro con un importatore italo americano che organizzò un tour negli Stati Uniti trasformando per sempre la reputazione dei vini piemontesi. I Barolo Boys divennero delle celebrità e il vino Barolo apprezzato da tutti.
Oggi, a circa trent’anni di distanza, le ostilità tra generazioni sembrano essere cessate ed è difficile dire chi vinse. Il Barolo tradizionale invecchiato in botte grande non tostata e il Barolo moderno, affinato in barriques, coesistono. Molti enologi usano entrambi i tipi di botte bilanciandole sapientemente per dare una propria personale identità al vino.
La bottiglia di Barolo più buona
Qual è la bottiglia di Barolo più buona? A questa domanda non può esistere una risposta univoca poiché il vino è una questione personale.
Nel nostro Tour a Barolo con Degustazione si visita una rinomata cantina e si comprende come evolve l’uva Nebbiolo fino a diventare Barolo.
Il disciplinare di produzione DOCG del vino Barolo assicura una qualità altissima e controlli serrati di tutti i circa 360 produttori di Langa.
Alcuni Baroli appena immessi sul mercato dopo i 38 mesi minimi di invecchiamento richiesto dalla DOCG possono risultare ancora troppo giovani. Alcuni preferiscono una menzione geografica piuttosto che un’altra.
La bottiglia di Barolo più buona potrebbe anche essere influenzata dall’età e dal livello di evoluzione del palato del bevitore, dalla sua esperienza e gusto personale.
Carlo Petrini, fondatore di Slow Food disse: “…alcuni vini che ho amato anni fa oggi probabilmente non mi piacerebbero più. E’ il fattore umano.”
La storia raccontata in questo post è stata ispirata dal documentario “Barolo Boys – storia di una rivoluzione” disponibile su varie piattaforme online. E’ stato vincitore al Vancouver Italian Film Festival ed il Wine Country Film Festival in California.